Mass media che si fondono, arriva la inter(net)visione

broadcasterCon l’avvento dei social media, i mass media tradizionali hanno perso il ruolo di detentori unici dell’informazione.

La maggiore rivoluzione portata dal passaggio al digitale è la possibilità da parte dell’utente di decidere il dove-come-quando fruire dei contenuti e anche di essere lui stesso broadcaster, producendo e diffondendo informazioni. Ne abbiamo un esempio con l’open journalism o giornalismo partecipativo, sperimentato anche dal prestigioso The Guardian. Recentemente adottato dai magazine online Cosmopolitan ed Elle.

La diffusione di Internet (come rete di telecomunicazione è seconda solo a quella telefonica) e la crescente penetrazione dei dispositivi mobile fanno pensare a un prossimo sorpasso da parte dei media digitali. Già supporti fisici come la carta, i CD/DVD stanno vivendo il loro momento di stallo.

Fusione di due mezzi

Da una parte c’è un tentativo di far convergere i due canali, ad esempio assistiamo a programmi televisivi congegnati sull’interazione con i social network o ai primi modelli di Smart tv o anche alla fruizione di film, serie tv, concerti e altro ancora sui canali digitali delle emittenti; dall’altra la televisione è intenzionata a resistere. Essendo ancora il media a raccogliere maggiore pubblico e investimenti.

La televisione cosa fa?

Nell’articolo uscito lo scorso luglio sul New Yorker e intitolato “The thiranny of traditional tv“, si parla del difficile rapporto tra il vecchio mass media e i nuovi metodi di fruizione di contenuti. Di come rispettivamente: Apple, Microsoft, Google e anche Intel hanno sviluppato piattaforme proprietarie, come per esempio la Google TV, ma l’esperienza utente risulti per lo più deludente perché troppo vicina a quella tradizionale. Ma non solo. Come recita la ormai celebre frase Content is the king, formulata da Bill Gates nel 1996 e mantra odierno del marketing e dei copywriter, il contenuto è alla base.

Senza i contenuti, infatti, non esisterebbe informazione, intrattenimento, in una parola il servizio. E’ così che le case di produzione, se si pensa alla HBO (all’attivo conta serie tv come: Game of Thrones, The Sopranos, Flight of the Conchords e Six Feet Under) o alla Netflix (produttrice della serie politica House of Cards), si trovano contese tra i due mezzi, dove la televisione può fare la voce grossa e imporre contratti di esclusività pur di contrastare la concorrenza.

Nell’articolo del New Yorker è poi riportata anche la frase del rapper Wale, estrapolata dalla sua recente canzone Gullible, che dice: “TV killed the radio / And then the Internet slit the television throat.” Più o meno: “La tv ha ucciso la radio / E poi Internet tagliò la gola alla televisione“. Una profezia che potrebbe avverarsi con la prossima generazione.

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